giovedì 8 gennaio 2015

Canti delle Terre Divise - Francesco Gungui ~ ☕☕☕

 Innanzitutto, buonasera a tutti e buon anno dallo staff!

“Canti delle terre divise” è una saga fantasy scritta da Francesco Gungui e articolata in tre volumi: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Come si può intuire già dai titoli dei volumi, la trilogia è scritta sulla falsa riga della Divina Commedia, solo in chiave fantascientifica.
La trilogia è ambientata in un mondo futuro caratterizzato da Europa, città-nazione dove vivono i miserabili, i delinquenti, sede di taverne malfamate e spacci di nepente (per intenderci, droga), e i quartieri Paradiso, meravigliosi complessi di ville complete di tutti gli agi di cui può godere un ricco. Il potere è detenuto dall’Oligarchia, governatori corrotti e assetati di potere che tengono il popolo in proprio potere grazie ad un'unica parola: Inferno, una prigione di massima sicurezza situata su un’isola vulcanica, anzi, potremmo dire semplicemente un gigantesco vulcano. Ogni giorno le immagini dei dannati all’Inferno scorrono sulle cattedrali di Europa, terrorizzando la popolazione e spegnendo ogni minima scintilla di ribellione. Inoltre, l’Oligarchia controlla il popolo attraverso dei microchip, le “anime”, che ogni cittadino – Europa o Paradiso non ha importanza- è obbligato a farsi impiantare dalla nascita.
Alec è cresciuto in un quartiere di Europa con il peso di un padre portato via – mandato all’Inferno – dalle guardie dell’Oligarchia, una sorellina rimasta muta da quel giorno e una madre disposta a tutto pur di far sì che non gli succeda la stessa cosa. L’unico modo per continuare a sopravvivere, a Europa, è sperare di ottenere lavoro come lavorante in Paradiso. E, paradossalmente, è ciò che succede ad Alec e la sua famiglia: lavorare in Paradiso, nelle case dei ricchi, al sicuro. È qui che Alec si innamora di Maj.
Maj è un’abitante del Paradiso, la figlia di uno degli Oligarchi: non conosce la miseria e il pericolo che regnano a Europa, né le terrificanti immagini dell’Inferno che il popolo è costretto a subire. Rinchiusa nella prigione dorata del Paradiso, viene a conoscere la verità solo quando Alec gliela racconta. E anche lei finisce per innamorarsi di lui, ignara che la sua vita è in pericolo, che suo padre, l’oligarca, ha fatto un grave errore, e sarà lei a doverne scontare le conseguenze.
Maj viene arrestata e condotta all’Inferno; Alec non può lasciarla andare e decide di seguirla, commettendo un grave gesto contro l’Oligarchia durante una delle parate ufficiali (questo gesto ispirerà sempre più persone a raccogliersi nel
Movimento, deciso a ribellarsi contro l’Oligarchia e l’ingiustizia dei quartieri Paradiso… ma se ne parlerà solo in Purgatorio). Attraverso arpie, cerberi, centauri, gironi infernali e macchine del contrappasso, i due innamorati riusciranno a raggiungersi e uscire dall’Inferno grazie a una mappa custodita dallo zio di Alec: infatti il padre di Alec era stato uno degli architetti dell’Inferno e, come un Dedalo del futuro, viene poi rinchiuso dentro la sua creazione.
In un ologramma custodito in una stanza segreta dell’Inferno, il padre rivela ad Alec l’esistenza di una montagna fuori dal controllo dell’Oligarchia, che lui vuole provare a raggiungere. Con queste indicazioni Alec e Maj – insieme a Jorgos, un bambino nato all’inferno da un’amazzone, donne guerriere riunitesi per sopravvivere – raggiungono la montagna, che scoprono chiamarsi Purgatorio. Il padre di Alec, che si fa chiamare Lando, si trova qui: tuttavia il Purgatorio non è ciò che Alec e Maj credevano che fosse. Anche qui c’è un percorso (di purificazione) da fare, prove da affrontare, e chi non accetta ciò che c’è in cima alla montagna – la Polis – viene rinchiuso in prigioni. Saputo ciò, Alec e Maj provano a scappare, ma vengono scoperti e costretti a compiere il percorso. Tuttavia le guardie oligarchiche scoprono la montagna e la attaccano, dando tempo ad Alec e Maj di fuggire e tornare, paradossalmente, all’Inferno.
Siccome non mi piacerebbe fare troppo spoiler – ho raccontato fino a metà di Purgatorio – e immagino che sapere la trama non sia tra le cose che volete sapere di più, andrò dritta al punto.
Gungui ha avuto un’ottima idea e si è posto di fronte ad una sfida ardua, perché scrivere qualcosa sulla falsa riga della Commedia è un progetto ambizioso per un esordio nel firmamento fantascientifico italiano. Tuttavia, poteva sfruttare un po’ meglio il materiale che aveva a disposizione.
I fili della trama sono ben intrecciati, sebbene a volte i salti di scene nei capitoli generano un po’ di confusione (ma l’effetto sorpresa è assicurato), l’idea è originale e lo stile è abbastanza piacevole, però… è come se mancasse un pezzo. Leggendo ho avuto questa sensazione: quella di un pezzo mancante, qualcosa che si è perso.
I personaggi sono molti e l’evoluzione che alcuni di essi compiono, nel corso dell’intera trilogia, è impressionante: questo è un punto a favore di Gungui, perché il cambiamento – individuale, interiore, eppure concreto – dei personaggi ha fatto da traino durante i punti morti della trama.
Una pecca che mi ha indispettita: gli innumerevoli punti di contatto con Hunger Games di Suzanne Collins. Personalmente, avendo amato quella saga, mi hanno fatto storcere il naso, ma forse avrei dovuto aspettarmelo, i romanzi distopici sono piuttosto simili tra loro.
Il finale, invece, mi è piaciuto molto: negli ultimi passi l’autore ha fatto un salto nella profondità dell’animo umano, si è reso capace di un’introspezione che mi ha quasi commossa, mi ha fatto riflettere. Forse varrebbe la pena leggere tutti e tre i volumi solo per arrivare a questo: un segno tangibile del fatto che anche l’autore è maturato, insieme con i suoi personaggi. Non succede sempre.
Altra cosa molto interessante: le macchine del contrappasso, particolari e sicuramente geniali, che riprendono abbastanza fedelmente il contrappasso dantesco - non c'è che dire, mi sono piaciute parecchio. Anche questo è un punto a favore di Gungui.
Ricapitolando: nel complesso, la trilogia non è male, ma poteva essere meglio. Un libro da prendere in prestito, ecco. Ma, ovviamente, è questione di punti di vista. Non ne sconsiglio affatto la lettura, al contrario, può essere la chiave per guardare le cose da un’altra prospettiva.
                                                                                                                                                                                                                                                                                       Pennac

                                                                                                                                 

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